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Piano Sud 2030: le cinque missioni per lo sviluppo e la coesione in Italia

La verità è che all’alba del nuovo decennio, le regioni europee sono più povere rispetto ai dati riferiti all’avvio della programmazione 2014-2020, con un numero in crescita di Regioni in ritardo di sviluppo (per Italia, Spagna, Grecia ed Europa Orientale) e di Regioni in transizione (Francia, Finlandia e Svezia).
È per questo che, come annunciato più volte dal Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale Giuseppe Provenzano, il Governo si è concentrato sulla definizione di un nuovo Piano per il Sud con l’obiettivo di “riavviare uno sviluppo forte e durevole, per riprendere a investire attivando potenziali di crescita e innovazione inespressi, per creare opportunità di lavoro buono, in particolare per i giovani e le donne”.
Il Piano Sud 2030 è stato presentato il 14 febbraio 2020 a Gioia Tauro dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dal Ministro per il Sud e la coesione territoriale e dal Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina.
Cosa contiene di diverso questo Piano rispetto ai numerosi altri esperimenti che si sono succeduti in questi anni?
Innanzitutto, il Piano si sviluppa nell’arco di un intero decennio (2020-2030) quindi estendendo il ciclo settennale di programmazione dei Fondi Strutturali ed inoltre prevede una pianificazione di breve termine per il primo triennio 2020-2022.
Un presupposto importante del Piano è la consapevolezza che la spesa dei Fondi Strutturali europei da sola non è sufficiente, ma va adeguatamente sostenuta sia da investimenti della politica ordinaria che dalle risorse aggiuntive nazionali per lo sviluppo e la coesione territoriale.

Il Piano parte, infatti, da un elemento fondamentale più volte messo in evidenza da studi e rapporti sullo sviluppo territoriale, ovvero il costante disinvestimento della spesa ordinaria al Sud. In 10 anni la spesa per gli investimenti ordinari della PA nel Mezzogiorno è più che dimezzata, passando da 21miliardi nel 2008 a 10,3 miliardi nel 2018. Obiettivo del Piano, oltre all’accelerazione della spesa aggiuntiva è il riequilibrio delle risorse ordinarie, che consenta di incrementare gli investimenti pubblici nel Mezzogiorno con l’effettiva applicazione della clausola del 34%.

La Legge di Bilancio 2020 ha rafforzato tale clausola, rendendo cogente quello che era stato finora applicato con un mero principio e stabilendo che ogni ripartizione di fondi sull’intero territorio nazionale debba essere disposta in conformità all’obiettivo di destinare agli interventi nel territorio delle otto regioni meridionali un volume complessivo di stanziamenti ordinari in conto capitale almeno proporzionale alla popolazione di riferimento (ovvero il 34%). La Legge va anche oltre, prevedendo una applicazione retroattiva della nuova norma che prevede il recupero delle risorse già stanziate e non ancora destinate, che in passato non hanno osservato il rispetto della clausola del 34%.
Pur essendo un Piano che coinvolge i territori meridionali, si tratta di un progetto per tutta l’Italia, favorendo l’interdipendenza tra Nord e Sud del paese e sostenendo chiaramente che ogni euro investito in opere pubbliche al Sud attiva 0,4 euro di domanda di beni e servizi nel Centro-Nord (fonte: SVIMEZ) e che un incremento degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno pari all’1% del suo PIL per un decennio, avrebbe effetti espansivi significativi per l’intera economia italiana (fonte: Banca d’Italia).
Il Piano prevede, infine, dal punto di vista metodologico, una rigenerazione amministrativa che risulta necessaria per la sua efficace attuazione e che contempla: un rafforzamento del presidio centrale, l’attivazione di centri di competenza nazionale (ACT, InvestItalia e Invitalia), una cooperazione rafforzata attraverso task force per “missioni” e “prossimità ai luoghi”, l’istituzione di un apposito Fondo di progettazione ed un Programma nazionale per la rigenerazione amministrativa.
Il Piano Sud 2030 si articola in cinque “missioni”, come delineate nella Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, anche in aderenza con l’Agenda ONU 2030, e sono così articolate:
1) Un Sud rivolto ai giovani: investire su tutta la filiera dell’istruzione, a partire dalla lotta alla povertà educativa minorile, per rafforzare il capitale umano, ridurre le disuguaglianze e riattivare la mobilità sociale, mediante: scuole aperte tutto il giorno; il contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica; la riduzione dei divari territoriali nelle competenze; il potenziamento dell’edilizia scolastica; l’estensione No Tax area; Attrazione dei ricercatori al Sud;
2) Un Sud connesso e inclusivo: infittire e ammodernare le infrastrutture, materiali e sociali, come fattore di connessione e di inclusione sociale, per spezzare l’isolamento di alcune aree del Mezzogiorno e l’isolamento dei cittadini in condizioni di bisogno, attraverso: un Piano Sud del MIT di oltre 33 miliardi; viabilità secondaria; il Fondo infrastrutture sociali per comuni medi e piccoli; nuovi nidi al Sud; inclusione abitativa per cittadini e lavoratori svantaggiati; “Case della salute” per l’assistenza integrata; rinnovo della dotazione tecnologica sanitaria;
3) Un Sud per la svolta ecologica: rafforzare gli impegni del Green Deal al Sud e nelle aree interne, per realizzare alcuni obiettivi specifici dell’Agenda ONU 2030 e mitigare i rischi connessi ai cambiamenti climatici, con azioni quali: un “reddito energetico” per le famiglie; l’economia circolare; il potenziamento del trasporto sostenibile; i Contratti di filiera e di distretto nel settore agroalimentare; la gestione forestale sostenibile;
4) Un Sud frontiera dell’innovazione: supportare il trasferimento tecnologico e il rafforzamento delle reti tra ricerca e impresa, nell’ambito di una nuova strategia di politica industriale, da
realizzare con: il Credito d’imposta in ricerca e sviluppo al Sud; il rafforzamento degli ITS al Sud; il potenziamento del “Fondo dei Fondi”; Space Economy Sud; Startup tecnologiche al Sud;
5) Un Sud aperto al mondo nel Mediterraneo: rafforzare la vocazione internazionale dell’economia e della società meridionale e adottare l’opzione strategica mediterranea, mediante: il rafforzamento delle Zone Economiche Speciali (ZES); i programmi di cooperazione allo sviluppo; il Piano Export Sud; il sostegno al sistema portuale; la difesa per un Sud frontiera e ponte del Mediterraneo; politiche strutturali e misure urgenti per l’impresa e il lavoro. Sono previste altresì misure trasversali per rafforzare la competitività del sistema produttivo la creazione di buona occupazione per giovani e donne.


Ulteriore elemento è quello riferito al rilancio della politica territoriale, provando a restituire protagonismo ai luoghi marginalizzati dalle politiche pubbliche, attraverso: la riduzione del divario tra aree urbane e aree interne, con il raddoppio delle risorse della Strategia Nazionale Aree Interne (SNAI); la rigenerazione dei contesti urbani, anche nelle città medie; la promozione del patrimonio culturale; il riutilizzo dei beni confiscati alle mafie; il protagonismo della cittadinanza attiva per l’innovazione sociale, la rigenerazione dei luoghi e lo scambio di buone prassi.
Per il prossimo triennio il Piano potrà contare su una dotazione finanziaria di 21 miliardi derivanti dalle risorse dall’applicazione della clausola del 34%, dalle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione e
dalle risorse dei Fondi Strutturali sia della programmazione 2014-2020 che 2021-2027. Tra i prossimi passi sono previsti l’approvazione dei DPCM per l’attuazione della c.d. clausola del
34% e sulle modalità attuative del Fondo per gli investimenti in infrastrutture sociali, la
presentazione della relazione al CIPE sulla riprogrammazione del FSC, il DEF contenente la
quantificazione finanziaria della politica di coesione nazionale per il ciclo 2021-27, la
sottoposizione al CIPE dei Piani Sviluppo e Coesione, la condivisione con la Commissione Europea
dello schema di Accordo di Partenariato per la Programmazione 2021-2027.
Purtroppo l’attuazione del Piano Sud 2030 è già minata da due fattori esterni straordinari. Da
un lato, l’emergenza sanitaria legata alla diffusione del COVID 19 i cui impatti economici
potrebbero comportare un necessario adeguamento sia degli investimenti (ad esempio per le
strutture sanitarie) sia per le imprese (ad esempio con aiuti specifici per i settori e le aree più colpite dagli effetti del virus e dalle misure di restrizione introdotte). Dall’altro, vi è il mancato
conseguimento, a così breve distanza dall’avvio del periodo di programmazione, di un accordo sul
Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027, per il protrarsi della situazione di stallo tra gli Stati
Membri amici della coesione ed i paesi frugali. Senza la chiusura del negoziato finanziario e la
definizione dell’Accordo di partenariato 2021-2027 non è ancora possibile poter prevedere le
risorse finanziarie per la Coesione sulle quali il Piano intende contare nei prossimi anni.

Per saperne di più

IlDocumento http://www.ministroperilsud.gov.it/media/1997/pianosud2030_documento.pdf

Il Video completo con Il Presidente del Consiglio Conte ed il Ministro Provenzano https://youtu.be/dTPbPNSFKRA

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