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MonitoRA. Inclusione sociale e disagio abitativo. Un’analisi dai primi dati del 2021 e il confronto col “pre-Covid 19” delle famiglie con “fragilità”

La crisi pandemica ha avuto effetti profondi sul Mezzogiorno. Oltre a quelli di tipo sanitario ed economico, ha acuito le diseguaglianze, ha reso più fragili i soggetti deboli ed ha aumentato il numero dei poveri.

A partire dalla reportistica disponibile sulla piattaforma MonitoRA, aggiornata con gli ultimi dati resi disponibili il 20 gennaio 2021 dalla Banca dati indicatori territoriali per le politiche di sviluppo, si propongono alcuni spunti di riflessione sul tema dell’inclusione sociale, uno degli Obiettivi Tematici della programmazione delle politiche di coesione 2014/2020. In particolare, i dati presentati forniscono nuovi importanti elementi per il monitoraggio e la valutazione dell’efficacia delle misure introdotte a sostegno delle famiglie in condizioni di disagio abitativo nelle cinque regioni in ritardo di sviluppo. I dati sono stati riallineati al 2019 e quindi non riescono a catturare gli effetti della crisi, ma sono essenziali per aggiornare il quadro di osservazione di un fenomeno di così grande rilevanza.

Uno degli indicatori presenti nei Programmi delle regioni in ritardo di sviluppo misura la percentuale di “persone che vivono in situazioni di sovraffollamento abitativo, in abitazioni prive di alcuni servizi e con problemi strutturali”. Fonte dell’indicatore è l’indagine ISTAT sul reddito e le condizioni di vita delle famiglie (EU-SILC). Lo studio è inserito all’interno di un più ampio sistema informativo europeo denominato “Statistic on Income and Living conditions” (cfr. Nota metodologica riportata in calce) coordinato da Eurostat, che ha come obiettivo prioritario quello di fornire dati comparabili tra Paesi e nel tempo, per l’analisi della distribuzione dei redditi, della diseguaglianza e della povertà, della deprivazione, dell’esclusione sociale e della qualità della vita delle famiglie.

In Figura 1 è riportato l’andamento dell’indicatore a partire dal 2013, anno di riferimento del baseline dei PO di ciascuna regione, e il grafico che raffigura l’andamento nell’ultimo biennio. Analizzando la serie storica si nota che l’indicatore è stato interessato da fluttuazioni, talvolta anche ampie, che però non hanno determinato effetti sull’andamento di fondo del fenomeno che nel periodo di osservazione ha visto una sensibile riduzione del numero di persone che vive in condizioni di disagio abitativo. Se si osserva l’andamento nell’ultimo biennio si rileva che tale trend è confermato per la Calabria (-2,4), la Campania (-0,4) e la Sicilia (-0,2), mentre si registra una lievissima inversione di tendenza per Basilicata e Puglia (rispettivamente +0,3 e +0,2).

Figura 1: Serie storica della percentuale di persone che vivono in situazioni di sovraffollamento abitativo, in abitazioni prive di alcuni servizi e con problemi strutturali nelle cinque regioni in ritardo di sviluppo. Anni 2013-2019.

Fonte: nostre elaborazioni su dati provenienti dalla banca dati “Indicatori territoriali per le politiche di sviluppo”

La valutazione del livello di raggiungimento dei risultati attesi associati all’indicatore mostra che il target è stato ampiamente superato anche per la Campania e la Puglia (cfr. Figura 2). Queste regioni in fase di programmazione avevano scelto di fissare obiettivi sfidanti in considerazione del loro posizionamento rispetto al valore medio nazionale ed in particolare a quello del Mezzogiorno come si evince dalla Figura 1. Significativo è il risultato attualmente raggiunto da Calabria e Sicilia che, sebbene si fossero prefissate miglioramenti del loro baseline di poco inferiori al 2% hanno ridotto in modo rilevante il loro valore di partenza. La variazione percentuale fra valore iniziale e quello attuale è per la Calabria pari a 54,4 e per la Sicilia è di 46,8, come riportato in Figura 2.

Da segnalare la performance della Basilicata che sebbene non avesse pianificato di investire in modo sostanziale sulla riduzione del baseline, anche in ragione dell’ottimo posizionamento della regione in fase di avvio della programmazione, ha diminuito in modo considerevole la percentuale di famiglie che vivono in condizioni di disagio abitativo, passando da 6,6% a 4,9%.

Figura 2. Percentuale di persone che vivono in situazioni di sovraffollamento abitativo, in abitazioni prive di alcuni servizi e con problemi strutturali. Confronto tra baseline, ultimo valore disponibile e target al 2023 e variazione percentuale tra baseline e ultimo valore disponibile.

Fonte: nostre elaborazioni su dati provenienti dalla banca dati “Indicatori territoriali per le politiche di sviluppo” e dai PO FESR

Queste rilevazioni sono essenziali per misurare gli effetti della crisi sul tema dell’inclusione. Quando saranno rilasciati i dati del 2020 e poi del 2021 le Regioni avranno a disposizione le metriche necessarie per capire se gli sforzi registrati su questo versante non siano stati vanificati dalla crisi e per programmare eventuali nuovi investimenti per il periodo 2021-2027.

NOTA METODOLOGICA

La metodologia impiegata da Eurostat considera un’abitazione sovraffollata quando non ha a disposizione un numero minimo di stanze e precisamente:

  • una stanza per la famiglia, una stanza per ogni coppia;
  • una stanza per ogni componente di 18 anni e oltre;
  • una stanza ogni due componenti dello stesso sesso di età compresa tra i 12 e i 17 anni di età;
  • una stanza ogni due componenti fino a 11 anni di età, indipendentemente dal sesso.

La mancanza di servizi e i problemi strutturali si riferiscono invece a:

  • problemi strutturali dell’abitazione (soffitti, infissi, ecc.);
  • non avere bagno/doccia con acqua corrente;
  • problemi di luminosità.

Ps redazionale : foto in alto tratta da Students For Liberty in Italia : https://studentsforliberty.it/perche-i-poveri-devono-vivere-in-case-brutte/

 

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