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IA: tra positivismo e cultura dell’angoscia

I condizionamenti culturali possono impattare positivamente o negativamente sullo sviluppo di una società.  La transizione digitale è accompagnata sempre più velocemente dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale o intelligenza generativa, contemporaneamente cresce il timore di questo sviluppo. Esistono movimenti che intendono contrapporsi ad essa, ricadendo in un oscurantismo culturale, una censura dello sviluppo umano.

La preoccupazione di non riuscire mantenerne il controllo sull’espansione del fenomeno innovativo dell’IA tende a imbrigliarne la corsa. La strada del suo sviluppo nei prossimi dieci anni è praticamente impossibile da prevedere, troppo rapida l’evoluzione attuale che, pertanto, genera angoscia. Così oggi riemerge la cultura dell’angoscia, nata agli inizi del 900 nell’era del modernismo, che si oppose, con conseguenze tragiche, al positivismo dell’800.

Il tema principale del positivismo è il progresso, ovvero la convinzione che lo sviluppo dell’umanità segua uno schema implicante il raggiungimento di gradi di conoscenza scientifica e di benessere socioeconomico via via più elevati. Generare angoscia nelle popolazioni è uno dei modi più semplici per mantenere lo status quo è diffondere la paura del nuovo. La paura non porta sviluppo bensì crisi. Dal Novecento in poi in fondo abbiamo vissuto una lunga grande crisi che ancora oggi stiamo scontando. Il mondo è agli albori della trasformazione digitale, la quarta rivoluzione industriale. Un’epoca paragonabile al tempo in cui James Watt inventò la macchina a vapore da impiegare nel pompaggio dell’acqua nelle miniere, allorquando nessuno poteva immaginare i risvolti che avrebbe avuto.

Tuttavia, sussiste l’incapacità o la riluttanza di alcuni poteri a vedere oltre la fine, immaginare una nuova era. Un’alba da vivere piuttosto che un tramonto da aspettare. La paura dell’ignoto ha radici culturali e religiose, ed è particolarmente pessimista nelle culture occidentali. Il timore che genera angoscia. Il timore di essere sopraffatti, il timore di subire perdite di lavoro a causa della automazione robotica, senza pensare a quanto benessere essa potrà generare, quante nuove professioni o arti potranno nascere nei prossimi dieci/venti anni, dimenticando la crescente interazione tra cervello e computer.

Il timore riemerge nella difficoltà di prevedere, programmare, legiferare, nella preoccupazione di gestire il proprio presente piuttosto che pianificare il futuro delle nuove generazioni. L’incapacità di ragionare in ere si ripresenta oggi. Anche la ricerca giuridica volta a difendere la società dagli sviluppi dell’Intelligenza Artificiale, IA,  rischia di soffocarne l’evoluzione.

Jean Delumeau che scrive la storia della paura in Europa tra XIV e XVIII secolo, indagando le attrezzature mentali della società preindustriale, scova le paure dell’Occidente: la paura di sciagure, carestie, cataclismi, epidemie. Paura dell’ira di Dio, dell’apocalisse. I detentori del potere della civiltà europea stesero così l’inventario dei mali che Satana era capace di provocare.

Per fortuna oggi il tessuto sociale è in grado di filtrare le fake news, le popolazioni hanno gli strumenti per potersi proteggere da facili populismi. Il mondo scientifico sostiene l’evoluzione dell’intelligenza artificiale, IA,  prospettando applicazioni a sostegno dell’uomo. Il prof. Junichi Rekimoto dell’Università di Tokio, direttore dei laboratori scientifici della Sony parla di un mondo in trasformazione di cui non bisogna aver paura. Il prof. Roberto Cingolani Amministratore Delegato del Gruppo Leonardo sostiene quanto più l’uomo è intelligente più l’umanità funziona.

Pertanto, le integrazioni tra le due intelligenze non può che portare dei benefici, la preoccupazione deve riguardare la garanzia delle fonti.

Il Parlamento europeo in data 14 giugno 2023 ha dato il via libera all’Artificial Intelligence Act, che regolerà l’Intelligenza Artificiale nel rispetto dei diritti e dei valori dell’Unione, la cui approvazione definitiva dovrebbe arrivare a fine anno. Il documento si basa su 4 livelli di rischio decrescenti e di conseguenza regolamentati. La speranza è che il collegamento tra minacce e misure di sicurezza sia equilibrato, orientato positivamente ai prossimi 25 anni, prefigurando una strategia europea adatta all’era digitale che si prospetta.

 

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