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Un’ Europa più sociale. ll punto sull’occupazione

Il Rapporto sull’occupazione (Joint Employment Report – JER) della Commissione europea e del Consiglio monitora, su base annuale, la situazione dell’occupazione dell’Unione e l’implementazione delle Linee guida sull’Occupazione[1]. Il rapporto fornisce, con cadenza annuale, una panoramica dei principali sviluppi occupazionali e sociali nell’Unione europea e delle recenti misure di policy adottate dagli Stati membri, in linea con le linee guida per le politiche sull’occupazione adottate dagli Stati membri. Identifica, inoltre, le priorità ai fini dell’azione politica. La proposta di relazione della Commissione contenuta nella Comunicazione  COM(2021) 740 final del 24 novembre 2021 fa parte del cosiddetto “pacchetto d’autunno” del semestre europeo e sarà adottata, nella sua versione finale, dal Consiglio “Occupazione, politica sociale, salute e consumatori” (EPSCO).

L’edizione 2022 del Rapporto, oggetto di questo approfondimento, presenta un focus sull’implementazione del Pilastro europeo dei diritti sociali, in linea con gli impegni del Piano d’azione di Marzo 2021 e con la Dichiarazione di Porto dei Leader europei del 8 maggio 2021 con cui si è consolidata la spinta europea verso una transizione verde, digitale e equa puntando, al tempo stesso, al raggiungimento degli obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Goals) dell’Agenda 2030. Il report garantisce il monitoraggio del Pilastro Sociale, in particolare attraverso approfondimenti tematici che coprono le sfide chiave nei tre settori delle pari opportunità e dell’accesso al mercato del lavoro, delle condizioni di lavoro eque e della protezione e inclusione sociali. Il rapporto analizza anche lo stato di raggiungimento dei tre obiettivi cardine dell’azione UE per il 2030 su occupazione, competenze e riduzione della povertà del piano d’azione del Pilastro, accolti con favore dai leader dell’UE al vertice sociale di Porto e al Consiglio europeo di giugno. Ricordiamo, infatti, che l’UE si è impegnata a conseguire i seguenti obiettivi principali dell’UE entro il 2030:

  • almeno il 78% della popolazione compresa tra i 20 e i 64 anni deve avere un’occupazione;
  • almeno il 60% della popolazione compresa tra i 25 e i 64 anni dove partecipare ad un’attività formativa ogni anno;
  • il numero delle persone a rischio povertà deve essere ridotto di almeno 15 milioni di persone rispetto al 2019.

I Fondi di coesione e lo strumento per la ripresa e la resilienza, attuato attraversi i singoli piani nazionali, contribuiscono all’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, con particolare attenzione ad affrontare le sfide individuate nelle raccomandazioni specifiche per Paese. Quattro dei sei pilastri dello strumento sono, infatti, rilevanti a questo proposito, vale a dire: (i) una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva; (ii) coesione sociale e territoriale; (iii) salute e resilienza economica, sociale e istituzionale e (iv) politiche per le generazioni future, i bambini e i giovani. Nell’ambito del Piano d’azione del pilastro sociale del marzo 2021, la Commissione ha proposto, ed il Consiglio (EPSCO) ha approvato, una revisione del quadro degli indicatori sociali (social scoreboard), per consentire un migliore monitoraggio del Pilastro. Pertanto, il JER 2022 valuta i risultati degli Stati membri sulla serie rivista dei principali indicatori che include, ora, indicatori che consentono di analizzare dimensioni rilevanti come l’apprendimento degli adulti, l’integrazione nel mercato del lavoro delle persone con disabilità, il rischio di povertà ed esclusione sociale per i bambini e il peso dei costi abitativi. I dati che emergono dal rapporto consentono l’identificazione delle principali sfide sociali, per l’occupazione e le competenze e il monitoraggio degli sviluppi e delle divergenze sociali nell’ambito dell’Unione. Dall’analisi svolta dalla Commissione e dal Consiglio emergono elementi di riflessione e spunti per le politiche e gli orientamenti dell’Unione nel suo complesso ma soprattutto, dei singoli Stati Membri. Di seguito ho riportato alcune anticipazioni che emergono dal Rapporto selezionando quelle di maggiore rilevanza per il nostro Paese che si trova, in questo particolare periodo storico, e grazie alla spinta del Piano Nazionale di ripresa e resilienza, ad affrontare alcune criticità strutturali nel settore dell’Occupazione, attraverso le Riforme previste dal Piano.

L’impatto della crisi della Covid-19 sul mercato del lavoro è stato attenuato da un’azione politica rapida e decisa a livello di Stati membri e di UE. Dopo aver toccato un minimo del 71,6% nel secondo trimestre del 2020, il tasso di occupazione UE si è attestato al 72,8% per le persone di età compresa tra i 20 e i 64 anni nel secondo trimestre del 2021, al di sotto del valore del 73,3% raggiunto nel quarto trimestre del 2019. Sebbene la ripresa economica sosterrà la creazione di posti di lavoro, il ritorno ai livelli occupazionali precrisi non è previsto prima del 2022. Un livello elevato di occupazione al 2030 è una priorità fondamentale per garantire che tutti possano partecipare pienamente nell’economia e nella società e contribuire a ridurre il numero di persone a rischio di povertà, da qui la definizione dell’obiettivo dell’UE di un tasso di occupazione al 78% entro il 2030. In ogni caso, la disoccupazione non è aumentata quanto ci si sarebbe potuto aspettare dall’entità dell’impatto del COVID-19 sull’economia. Ciò è dovuto anche alle misure anticrisi adottate dagli Stati membri, anche con il sostegno di fondi comunitari – in particolare lo strumento di supporto temporaneo per mitigare i rischi di disoccupazione in caso di emergenza, SURE e REACT-EU (Recovery Assistance for Cohesion and the Territories of Europe) – e, in misura minore, al fatto che alcune persone hanno rinunciato, almeno temporaneamente, a cercare lavoro in considerazione del periodo di emergenza collegato alla pandemia.

La crisi del COVID-19 ha interrotto la tendenza positiva del tasso di attività osservato negli ultimi anni. Il tasso di attività dell’UE-27 per la fascia di età 20-64 è leggermente diminuito a causa della pandemia, ma ha già recuperato il suo valore precrisi in termini trimestrali. Ciò è stato in gran parte determinato dalla partecipazione al mercato del lavoro delle donne e degli appartenenti alla fascia di età 55-64. In termini assoluti, la popolazione in età lavorativa dell’UE si è ridotta nell’ultimo decennio, ciò costituisce uno dei fattori determinanti della crescente carenza di manodopera. In questo contesto sono importanti le politiche che portano più persone nel mercato del lavoro, consentono vite lavorative più lunghe e più sane e migliorano la produttività nel medio-lungo termine. Migliorare le condizioni di lavoro e adattarle meglio alle mutevoli esigenze dei lavoratori nel corso della loro vita avrebbe un impatto positivo sull’offerta di lavoro e quindi potrebbe sostenere tassi di occupazione più elevati.

Man mano che l’economia si riprende dallo shock del COVID-19, è probabile che non tutti i posti di lavoro vengano ripristinati e il sostegno alle transizioni lavorative diviene sempre più urgente e strategico. Dal secondo trimestre del 2020 i tassi di crescita dell’occupazione più elevati sono stati registrati nelle costruzioni, nella pubblica amministrazione e nelle attività ICT, mentre i tassi di crescita più bassi sono stati registrati nel commercio all’ingrosso e al dettaglio, nell’arte e nello spettacolo e nell’agricoltura. Per alcune delle aziende colpite, la pandemia avrà rappresentato solo uno shock transitorio. Per altri, può portare a profondi cambiamenti nei modelli di business, in parte innescati da un cambiamento nelle preferenze dei consumatori (ad esempio, un uso più ampio dell’e-commerce) e nell’organizzazione e nelle pratiche di lavoro delle imprese (compresa la digitalizzazione e la spinta a metodi di produzione più sostenibili). In questa prospettiva, alcune professioni possono divenire gradualmente obsolete e richiedere una riconversione in termini di metodi di lavoro e di input di lavoro, con una maggiore necessità per i responsabili politici e le imprese di sostenere le transizioni lavorative come richiamato della Raccomandazione della Commissione relativa a un sostegno attivo ed efficace all’occupazione (EASE)[2]. La ripresa offre anche l’opportunità di orientarsi verso un sistema socioeconomico più sostenibile con nuovi modelli di business e implicazioni di vasta portata per i tipi di lavoro offerti e le competenze necessarie. È necessaria una rapida riallocazione della forza lavoro supportata da politiche attive del mercato del lavoro efficaci e misure di riqualificazione professionale per affrontare la carenza di manodopera, contribuire ad aumentare la produttività, i salari e la coesione sociale e facilitare le transizioni verdi e digitali.

La crisi del COVID-19 ha avuto un impatto più forte sui giovani, in particolare sui neoassunti e ciò richiede un’azione rapida e decisa. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) nell’UE ha mostrato i primi segnali di ripresa entro la metà del 2021, ma si è attestato ancora al 17,4% nel secondo trimestre del 2021, quasi il triplo del tasso di disoccupazione della popolazione di età compresa tra 25 e 74 anni. Lo shock causato dal COVID-19 ha invertito la tendenza positiva registrata negli ultimi sei anni di calo del numero di giovani che non lavorano, non studiano o non seguono una formazione (NEET), in parte a causa delle posizioni precarie dei giovani nel mercato del lavoro. Tale circostanza richiede un’azione politica decisa per prevenire i rischi di effetti negativi a lungo termine sul benessere e sulle prospettive di carriera dei giovani. Ridurre il numero dei NEET è infatti una delle ambizioni dell’Unione, avanzata dalla Commissione europea nel Piano d’Azione per il pilastro sociale. Lo strumento della Garanzia Giovani rafforzata dovrebbe, in tal senso, migliorare l’azione per fornire un’offerta di lavoro di buona qualità, istruzione continua, apprendistato o tirocinio entro un periodo di quattro mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dall’istruzione obbligatoria[3]. L’iniziativa ALMA[4] (Aim, Learn, Master, Achieve), invece, è finalizzata a sostenere i giovani NEET svantaggiati ad acquisire un’esperienza professionale all’estero, includendo anche il necessario sostegno sociale, con l’obiettivo di integrarli nell’istruzione e nella formazione professionale garantendone un’occupazione quanto più coerente con le aspirazioni personali.

Dato l’impatto diseguale della crisi sui diversi gruppi di lavoratori, è di fondamentale importanza prevedere politiche attive del mercato del lavoro su misura per garantire una ripresa inclusiva. I lavoratori con contratti “atipici” sono stati duramente colpiti, in particolare quelli con contratti a tempo determinato negli Stati Membri con quote maggiori di lavoro temporaneo. I nati al di fuori dell’UE hanno subito perdite occupazionali maggiori rispetto alla popolazione nativa. Inoltre, esiste un notevole potenziale per aumentare l’occupazione tra le persone con disabilità: il divario tra il tasso di occupazione delle persone con disabilità e altri era di 24,5 punti percentuali nell’UE nel 2020.

La pandemia ha ulteriormente evidenziato le sfide di vecchia data legate alla partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Sebbene le rilevazioni non mostrino un maggiore impatto negativo sui tassi di occupazione femminile rispetto agli uomini, le donne hanno subito un calo delle ore lavorate più marcato rispetto agli uomini durante i periodi di chiusura determinati dai lockdown. Dietro questi sviluppi, vi sono differenze nella rappresentanza di donne e uomini nei settori e nelle occupazioni colpiti dalla crisi, differenze di genere nell’utilizzo dello smartworking e il fatto che le donne si siano fatte carico della maggior parte delle responsabilità di cura familiari. Durante la crisi le donne single con figli hanno subito perdite occupazionali maggiori rispetto a quelle senza. Ciò evidenzia l’importanza dei servizi di assistenza all’infanzia e di assistenza a lungo termine per aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. A questo proposito, la Direttiva sull’equilibrio tra lavoro e vita privata[5], che deve essere recepita dagli Stati membri entro il 2 agosto 2022, mira, tra l’altro, a fornire un accesso equo e un uso equilibrato delle modalità di congedo da parte di uomini e donne. Consentirà ai genitori con figli o ai lavoratori con parenti a carico di bilanciare meglio le responsabilità di cura e professionali. Allo stesso tempo, purtroppo, l’analisi rileva come la progettazione dei sistemi fiscali continui a scoraggiare la partecipazione al mercato del lavoro dei secondi percettori (che sono più spesso donne) in un certo numero di Stati Membri, tra cui l’Italia.

Il report evidenzia come vi sia il potenziale per aumentare l’occupazione tra alcuni gruppi, la crescente carenza di manodopera in molti Stati membri indica l’importanza fondamentale di un’esigenza più generale di riqualificazione e di miglioramento delle competenze dei lavoratori. A fronte del declino dell’attività economica indotto dal COVID, che ha comportato un calo decisivo del fabbisogno di manodopera in quasi tutti gli Stati membri, nel 2021, a seguito dell’allentamento delle misure di blocco e della graduale ripresa economica, l’esigenza di manodopera si è incrementata nella maggior parte degli Stati Membri. Settori come l’edilizia, la salute e l’assistenza, nonché le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, hanno fatto registrare le maggiori carenze di manodopera, alimentate, tra le altre cause, dai bassi livelli di competenze specialistiche. Così come è già evidente che la transizione verde e digitale sta generando un aumento della domanda di lavoro con competenze nei settori legati alle energie rinnovabili, all’edilizia, all’agricoltura e alla silvicoltura.

Non sempre un lavoro garantisce un reddito dignitoso. La povertà lavorativa è aumentata dall’8,5% nel 2010 al 9% nel 2019 nell’UE-27. In generale, i lavoratori con contratto a tempo determinato corrono un rischio molto più elevato di povertà lavorativa rispetto a quelli con contratto a tempo indeterminato (16,2% vs 5,9%), così come i lavoratori poco qualificati rispetto a quelli altamente qualificati (19% vs 4,9%). Inoltre, i lavoratori nati al di fuori dell’UE hanno molte più probabilità di sperimentare la povertà lavorativa rispetto ai nativi. Nonostante i recenti aumenti dei salari minimi in molti Stati membri, i salari minimi legali spesso rimangono bassi rispetto ad altri salari nell’economia. In linea con la proposta di Direttiva della Commissione su un salario minimo adeguato[6], la contrattazione collettiva svolge un ruolo fondamentale nel raggiungimento di un’adeguata protezione del salario minimo in tutta l’Unione.

L’occupazione a tempo determinato sta diminuendo dall’inizio della pandemia rispetto a quella a tempo indeterminato, sebbene rimanga significativa in diversi Stati membri. I contratti a tempo determinato continuano ad essere particolarmente diffusi tra le donne, i giovani e i lavoratori dipendenti extracomunitari. I contratti temporanei che fungono da “trampolini di lancio” verso posti di lavoro più duraturi e sono fondamentali per migliorare la qualità complessiva del lavoro. In alcuni Stati membri, la prima ragione per cui i lavoratori hanno un contratto a tempo determinato resta la difficoltà di trovare un lavoro a tempo indeterminato. I lavoratori che, in modo involontario, accettano contratti a tempo determinato spesso segnalano livelli inferiori di soddisfazione sul lavoro, che possono influire sulle loro prestazioni e sull’acquisizione di competenze.

L’improvviso e significativo aumento dello smartworking ha mostrato sia i vantaggi che le sfide associate al lavoro a distanza. Durante l’emergenza sanitaria, il lavoro a distanza (nelle sue diverse forme) si è rivelato importante per molte aziende per garantire la continuità aziendale e salvaguardare la salute dei propri dipendenti. In tempi normali, consente anche una riduzione dei tempi di spostamento, una maggiore flessibilità e opportunità di conciliazione vita-lavoro per i dipendenti e una maggiore efficienza e produttività per le aziende. Tuttavia, in alcuni casi si evidenziano difficoltà nel garantire una separazione adeguata tra lavoro e vita privata, il che implica una maggiore intensità di lavoro, difficoltà a garantire la rappresentanza e la partecipazione collettiva ai processi decisionali e difficoltà ad accedere alla formazione sul posto di lavoro. Le tecnologie digitali hanno consentito l’espansione del fenomeno e hanno favorito l’incontro tra domanda e offerta di lavoro ma, al tempo stesso, si presentano nuove sfide per determinati gruppi, in particolare le persone poco qualificate o gli anziani, nel partecipare pienamente al mercato del lavoro e nella società. Ciò può, a sua volta, aumentare i rischi di divario digitale nel mercato del lavoro e di esclusione sociale, da qui l’importanza di fornire a tutti le competenze digitali necessarie per trarre vantaggio dalla transizione al digitale.

La pandemia ha accelerato le tendenze in corso nella digitalizzazione, anche aumentando il lavoro tramite piattaforme, ciò richiede un’azione politica per gestire le relative trasformazioni, in particolare per quanto riguarda le condizioni di lavoro e l’accesso alla protezione sociale. Le tecnologie digitali offrono nuovi modi di apprendere e lavorare, nonché nuove opportunità per le imprese e i consumatori. Sul mercato del lavoro creano opportunità di lavoro e possono contribuire a migliorare l’incontro tra datori di lavoro e dipendenti. Tuttavia, possono anche comportare rischi per i posti di lavoro esistenti e per la qualità dell’occupazione, in particolare per coloro che svolgono attività molto ripetitive e di routine e per le persone scarsamente qualificate. Parallelamente alla riallocazione del lavoro verso occupazioni che richiedono competenze digitali, potrebbe esserci una riallocazione verso quelle legate all’economia delle piattaforme del lavoro digitale. La domanda di lavoro online è cresciuta rapidamente durante la pandemia (con entrate quintuplicate negli ultimi cinque anni), mettendo maggiormente in evidenza l’importanza di chiarire lo status giuridico e migliorare le condizioni di lavoro.

La transizione verso la green economy e l’impegno per il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050 rappresentano un’opportunità unica per rilanciare l’economia dell’UE in modo sostenibile, inclusivo e resiliente. A condizione che siano messe in atto le giuste politiche di accompagnamento, la transizione verso la neutralità climatica potrebbe creare fino a un milione di posti di lavoro aggiuntivi entro il 2030, anche se si prevede che gli impatti varieranno a seconda delle occupazioni, dei settori e delle regioni. Le possibilità di impiego saranno create in particolar modo per i gruppi di lavoratori con competenze medio specialistiche e ciò può quindi aiutare a mitigare le tendenze di polarizzazione del mercato del lavoro. Tuttavia, la transizione verde non riguarderà tutti gli europei allo stesso modo e avrà un impatto negativo per alcuni, comportando la perdita di posti di lavoro e una profonda ristrutturazione in alcuni settori (in particolare i settori delle risorse estrattive e i settori ad alta intensità energetica), nonché pressioni sui redditi delle famiglie. Inoltre, in molti settori i posti di lavoro esistenti richiederanno l’apprendimento di competenze complementari per sostenere la transizione verde. Allo stesso tempo, molte attività legate alla transizione verso un’economia più circolare presentano un potenziale significativo per contribuire all’economia sociale e alla creazione di posti di lavoro locali. Riqualificazione, miglioramento delle competenze e sostegno alle transizioni lavorative saranno essenziali per superare queste sfide. Possono fornire alle persone le competenze giuste e favorire una rapida riallocazione del lavoro che contribuisce a guadagni di efficienza, produttività e salari. Come annunciato nell’Agenda Europea per le Competenze, sarà rafforzato il monitoraggio dell’inverdimento delle professioni e l’identificazione del tipo e del livello di competenze necessario in occupazioni e settori specifici.

Il report dedica una importanza particolare al coinvolgimento efficace e di alta qualità delle parti sociali, considerato un prerequisito per il buon funzionamento dell’economia sociale di mercato europea e per ottenere risultati politici più sostenibili e inclusivi. Più della metà di tutte le misure nei settori delle politiche attive del lavoro e della protezione del reddito varate dallo scoppio della pandemia sono state concordate o negoziate con le organizzazioni delle parti sociali. Gli orientamenti per l’occupazione invitano gli Stati membri a garantire il coinvolgimento tempestivo e significativo delle parti sociali nella progettazione e nell’attuazione delle riforme e delle politiche occupazionali, sociali e, se del caso, economiche, anche sostenendo la loro capacità di supportare la programmazione degli interventi in maniera efficace. In linea con le pratiche nazionali e i quadri istituzionali, l’impegno con le parti sociali a tutti i livelli mira a migliorare la progettazione e garantire la condivisione e, dunque, l’accettazione delle riforme. Nel complesso, la qualità del coinvolgimento delle parti sociali nelle politiche sociali e occupazionali nazionali è rimasta stabile o è leggermente migliorata negli ultimi anni, ma differisce ancora in modo significativo tra gli Stati membri. Anche il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile è ritenuto fondamentale. Ciò è particolarmente importante in un momento in cui è necessario un forte consenso per garantire una forte ripresa e sostegno alle transizioni verdi e digitali. Ciò emerge con particolare rilievo nella fase attuale di attuazione dei piani di ripresa e resilienza, che richiede un adeguato coinvolgimento delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile, per garantire il successo delle misure e delle riforme pianificate.

Nel merito dei risultati educativi emerge ancora una volta la forte correlazione al contesto socioeconomico. Il COVID-19 ha messo sotto forte pressione i sistemi di istruzione e formazione degli Stati membri. La quota di coloro che abbandonano prematuramente l’istruzione e la formazione ha continuato a diminuire durante la pandemia, sebbene a un ritmo più lento, e vi sono ancora differenze significative tra i paesi. I primi studi e sondaggi degli Stati membri indicano una sostanziale perdita di apprendimento durante la pandemia, con gli studenti provenienti da contesti socioeconomico medio-bassi o con un background migratorio extra UE che ne sono particolarmente colpiti. Oltre all’accesso disuguale all’istruzione digitale online, ambienti di apprendimento meno favorevoli a casa ha ostacolato l’apprendimento. Non correlato alla pandemia, anche il background socioeconomico o migratorio degli studenti rimane un forte indicatore del loro livello di competenze genereali e digitali. In termini di competenze di base, dopo alcuni progressi in passato, la quota di studenti quindicenni con scarsi risultati è di nuovo in aumento. Ciò sottolinea l’importanza di fornire un’istruzione di qualità fin dai primi anni di vita.

Lo sviluppo delle competenze degli adulti rimane lontano dalla pratica standard in tutta l’UE, con ampie differenze tra paesi e un grave impatto della pandemia. Ulteriori sforzi sono necessari in questo ambito visto l’ambizioso obiettivo che si è posta l’Unione entro il 2030. Garantire che la forza lavoro abbia competenze adeguate per il mercato del lavoro del futuro resta una sfida importante. Le previsioni sulle competenze indicano un cambiamento nei profili delle competenze del mercato del lavoro alla luce del rapido cambiamento tecnologico, anche dovuto alle transizioni verdi e digitali, e un ulteriore calo delle occupazioni poco qualificate. Ciò crea un urgente bisogno di riqualificazione e riqualificazione.

Gli Stati membri dell’UE hanno registrato progressi limitati nel fornire competenze digitali di base per gli adulti e sono necessari ulteriori sforzi significativi per le competenze digitali avanzate. La pandemia ha notevolmente aumentato la domanda di competenze digitali a tutti i livelli come requisito trasversale a molte occupazioni e settori. Gli ultimi dati disponibili per l’indicatore principale del quadro di valutazione sociale, dal 2019, mostrano che solo il 56% degli adulti aveva almeno competenze digitali di base. L’indicatore suggerisce anche una mancanza di convergenza tra gli Stati membri e progressi molto lenti dal 2014. Le competenze digitali sono richieste in oltre il 90% dei posti di lavoro attuali e in quasi tutti i settori dell’economia. I progressi in questo settore sono essenziali se l’UE vuole soddisfare la crescente necessità di competenze digitali per la partecipazione quotidiana alla società, nonché il bisogno specifico dell’economia di specialisti TIC.

Il cambiamento demografico continua a porre sfide a lungo termine ai sistemi pensionistici. L’adeguatezza delle pensioni è rimasta generalmente stabile nel 2020. Il divario di genere nelle pensioni rimane ampio, nonostante una graduale diminuzione negli ultimi dieci anni. Le riforme dovrebbero mirare a costruire sistemi pensionistici inclusivi, fornendo un accesso adeguato sia per gli uomini che per le donne e per le persone con diversi tipi di contratti e attività economiche garantendo, nel contempo, un reddito adeguato in età avanzata e preservando la sostenibilità delle finanze pubbliche.

L’analisi presentata nella relazione della Commissione mette in evidenza una serie di tematiche e di aree prioritarie per le azioni politiche presenti e future che dovrebbero mirare a una ripresa inclusiva promuovendo la creazione di posti di lavoro, facilitando le transizioni dalla disoccupazione all’occupazione e tra settori, migliorando la resilienza economica e sociale e garantendo che le transizioni verdi e digitali siano eque, mentre si procede verso gli obiettivi principali dell’UE per il 2030 sull’occupazione, sulle competenze e sulla riduzione della povertà. Un’attuazione completa e ambiziosa delle riforme e degli investimenti previsti nei piani nazionali di ripresa e resilienza sarà fondamentale per garantire un sostegno efficace alla ripresa e a transizioni verdi e digitali eque. Contribuirà in modo importante ad affrontare le sfide in materia di occupazione, competenze e politica sociale individuate nelle raccomandazioni specifiche per paese nel contesto del semestre europeo. Misure legate a queste aree politiche, già nei piani nazionali approvati dal Consiglio, ammontano a circa 135 miliardi di euro. E’ stato calcolato che circa il 30% degli stanziamenti finanziari complessivi dei Piani approvati forniranno un contributo importante all’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali..

 

[1] L’ultimo aggiornamento delle linee guida è stato adottato dal Consiglio dell’Unione europea ad Ottobre 2021 (OJ L379, 26.10.2021, p 1 – 5.

[2] Raccomandazione (UE) 2021/402 della Commissione del 4 marzo 2021 relativa a un sostegno attivo ed efficace all’occupazione (EASE) in seguito alla crisi COVID-19  https://eur-lex.europa.eu/legal-ontent/IT/TXT/?uri=CELEX%3A32021H0402

[3] Raccomandazione del Consiglio del 30 ottobre 2020 “Un ponte verso l’occupazione – Rafforzare la garanzia per i giovani”, GU C 372 del 4.11.2020, pag.

[4] https://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=1549&langId=it

[5] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=celex%3A32019L1158#PP1Contents

[6] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX%3A52020PC0682

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